Dopo quindici anni di ricerca attraverso il linguaggio della fotografia l’autore si è ritrovato nel 2014, a 33 anni, ad attraversare una profonda crisi personale che lo ha portato davanti all’ingresso di una Caverna. Le visioni alle origini de Il Teatro del Tempo sono racchiuse dentro questa esperienza autoriale, umana ed universale.
Tutti abbiamo dovuto scrutare dentro la nostra Caverna.
Il Teatro del Tempo nasce dal rispecchiarsi di una Camera Oscura dentro una Camera Oscura.
Nel 2015 Domingo Milella inizia una ricerca con il suo banco ottico analogico nelle più importanti caverne istoriate della storia della nostra specie. Il Teatro del Tempo è un debutto ma anche un Numero Zero, frutto di tante coincidenze e dell’incontro di due santuari: la Chiesa di San Francesco della Scarpa a Lecce (1100-1700 CE) e la Grotta dei Cervi di Porto Badisco, Otranto (+_3955 BCE). In questo specchio Spazio-Temporale si cristallizza la produzione delle opere dell’artista, realizzate nella Grotta dei Cervi nell'estate 2019. Varie dimensioni e profondità combaciano sullo stesso piano.
L’operazione a cui l’artista dà vita attraverso la fotografia non è documentaria, scientifica, folkloristica o illustrativa. Le opere di Domingo Milella si pongono in una reale relazione: sono un calco spaziale. Il desiderio di far apparire un Santuario dentro un Santuario. L’autore chiama con la voce delle proprie immagini un Altrove, dal cuore del Neolitico sino al presente. Ma queste oscurità e il loro codice inaccessibile che fascino potrebbero mai avere in un Tempo come il nostro? Le opere dell’autore non risolvono le domande poste dalle sue stesse immagini, ma aprono uno scenario di sospensione di ogni convenzione, davanti all’illeggibilità del Passato, misterioso quanto il Presente, inafferrabile quanto il Futuro.
Beffarde e preziose le coincidenze che accompagnano il percorso dell’artista dentro e fuori la Grotta dei Cervi, e tutta la gestazione de Il Teatro del Tempo. Nell’annus horribilis della pandemia globale dovuta al Sars CoV2, come lo chiamano gli scienziati o “Coronello” i bambini, è buffo - anzi Grottesco - notare che l’intera Grotta dei Cervi sia stata decorata con guano di pipistrello.
Le feci di pipistrello sono sia l’inchiostro con cui è stato scritto il codice astratto del santuario Neolitico salentino, che il possibile vettore con cui il nuovo Coronavirus è arrivato sino a noi. Diverse forme di Arcaismo nel presente collimano in questo progetto. Le immagini dei pittogrammi di oltre 6000 anni fa sono la dimostrazione fisica di questa relazione con il Buio e della sua Sopravvivenza, prima e dopo la Storia.
La Grotta dei Cervi è per fragilità, morfologia, microclima, indiscutibile delicatezza e complessità un sito off limits. Un luogo reale, allo stesso tempo virtuale. Oggi, come quando fu dipinta, la caverna conserva intatta e inaccessibile un’"Aura Magica". È un luogo fuori da questo Tempo. Nel nuovo mondo digitale verso cui corriamo così velocemente da esserne pietrificati, Domingo Milella si è invece rivolto alle ombre chiedendosi: “Ma è immune a tutto ciò anche il buio della Caverna?”. L’Autore dice che non dovremmo solo vaccinarci dai nuovi patogeni che ci raggiungono dal passato, ma anche iniziare un’immunizzazione dell’immaginario: immaginare l’Inimmaginabile.